Regia: Carlo Ferreri
One Girl Show, di e con Evelyn Famà
Scene e costumi: Simone Raimondo
SINOSSI
Evelyn è un’aspirante “attrice” trentenne stressata, costretta a vivere in casa con il prototipo di persona che le dà ai nervi: sua cugina nissena trasferitasi a Catania per studiare. La timida matricola, da buona ventenne del XXI secolo, sogna un futuro di TV e Fiction, e cerca di emulare la cugina “artista” ad ogni costo.
Evelyn dorme sul suo “trono”.
Ha scelto un singolare modo di svegliarsi e di cominciare la giornata. Molte cose strane caratterizzano la sua vita come: la sua allergia, il modo di cucinare della zia, la maniera in cui sua madre alleva i gatti, la sofferenza per un amore mai corrisposto; strane anche le telefonate che riempiono la sua giornata e il metodo che deciderà di usare per superare i provini. O forse no?!
Forse ad essere strano è il mondo in cui è costretta a vivere, tartassata dal culto dell’immagine e dal mito del successo. Cosa fare? Seguire i consigli della pratica zia Melina, diventando una brava donnina di casa? O sfondare in TV ed avere un atteggiamento da diva, come vorrebbe sua mamma, ormai Fiction- dipendente? “Questo è il problema”. E nemmeno S. Genesio (il Santo protettore degli attori), potrà risolverlo…
NOTE DI REGIA
Nell’originale testo scritto da Evelyn Famà, la società dello spettacolo ci offre due possibilità: da un lato un mondo di reality ossessionato dalla facile comunicazione, dove il desiderio principale è apparire, fare la Velina o partecipare ad “Amici”, dall’altro lato l’istituzione teatrale sempre più arroccata nelle torri d’avorio dei classici e del political correct. Grande occasione è stata per me occuparmi di questa scrittura teatrale fresca e autentica dove dietro l’apparente scorza dell’intrattenimento e delle risata, l’autrice nasconde una riflessione sulla latrina televisiva nazional popolare e lancia una provocazione sulle abitudini e i vizi del presente. Scontato dunque utilizzare e mescolare riferimenti teatrali apparentemente scomparsi, come il cabaret, l’avanspettacolo, il gramelot e attingere da ciò che si vuol simpaticamente criticare come la tv o saccheggiare dal proprio vissuto personale. Non sarei riuscito in questa piccola impresa senza la disponibilità e le capacità di Evelyn e di tutti i collaboratori con cui ho condiviso sintonie e dialettiche difficilmente recuperabili in altri contesti di lavoro istituzionale. (Carlo Ferreri)
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